giovedì 18 aprile 2013

Palermo is burning, ma non sono le stigghiole



palermo incendio cssonetti
E’ soffocante il disagio di questa città. Un popolo che brucia tra i suoi stessi rifiuti. Tra le macerie del Ballarò ardono le pire dello scarto palermitano, sotto gli occhi entusiasti di giovani piromani si consuma l’ennesima barbarie contro il capoluogo siciliano.  “Picciotti”, li chiamavano nei romanzi del secolo scorso: “artisti della stupidità“ li taccia il cronista, che attraversa le vie del quartiere-mercato con gli occhi gonfi e il naso che brucia. 

L'aria è acre e desolante, ma è Palermo che piange. Versa lacrime sulle sue ferite: solchi in un luogo meraviglioso, ma pieno di “caproni”. Scioccamente ridono i futuri “Don Melasentosucata”, dell'Albergheria,  mentre si fingono uomini. Bruciano spazzatura inerme: ma sembra inevitabile, i prepotenti vincono solo contro chi non può reagire. Innalzano il loro belato travestito da ringhio contro loro stessi. Sembra che vogliano dire di essere superiori a tutti, a tutto. Rimangono fermi , i cretini, mentre bruciano la loro casa: “i topi non costruirebbero mai una trappola per topi”. 
Palermo is burning. Ma non come nella canzone di Fargetta, no: Palermo sta bruciando davvero. Non sono le fiamme che sprigionano odori nauseabondi e malsani a intossicare la città: è il fuoco della disperazione a narrare il male palermitano. Una città troppo povera: cedevole al peso degli anni. Vittima dello stupro collettivo che subisce, ormai, dalla notte dei tempi.  Stanca, quasi avvilita, Palermo è ricca di povertà, contradditoria, un "ossimoro vivente", ma è così: Palermo cinica e desolante. 

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